mercoledì 24 dicembre 2008

UN ANNO DI MIKIPEDIA




Ecco qui, sei mesi fa ho inserito il mio sito nel circuito dotTK, in cambio ricevo settimanalmente una mail con l'andamento delle visite del mio sito.
Ne ho fatto un diagramma (quello sopra) da cui risulta che:

  • dopo tutto la pubblicità funziona, il primo mese con un numero altissimo di visite avevo in cima alla pagina una barra pubblicitaria di link... l'ho tolta perchè mi dava fastidio, ne pago le conseguenze, ma tutto sommato non mi importa.
  • ad agosto si ha di meglio da fare che navigare su internet. E' vero che anche io aggiorno poco, ma il calo è troppo brusco per essere casuale
  • Infine questa è la parte più divertente, posso anche scoprire da dove si collega la gente che visita il mio sito. Immagino che per un sito inglese sia molto interessante e piuttosto utile, ma per uno italiano la cosa è davvero comica.

risulta che siano finiti per sbaglio su questa pagina lettori di

  • USA (non pochi! forse fuorviati dal nome inglese e da chissà quali promesse di perdizione in esso implicite...)
  • Belgio
  • Svizzera
  • Israele

Mi chiedo proprio perchè tutti paesi così strani.... voglio dire, che probabilità ci sono che un israeliano finisca per caso qui?? Statisticamente è molto più probabile che accada a un sudamericano o un tedesco o un canadese.

Ma io punto in alto, per l'anno prossimo voglio un visitatore dal Liechtenstein!

domenica 16 novembre 2008

CURIOSITA' MICROBIOLOGICHE


  • le ostriche si mangiano con il limone non perchè siano più buone, ma per limitare la possibilità di infezione da vibrio parahemolyticus che è sensibile agli acidi
  • molti casi di ostie insanguinate sono in realtà dovuti alla presenza di colonie di Serratia, un batterio che produce un pigmento rosso sangue che per questo motivo è stato chiamato prodigiosina
  • la Francisella Tularensis è un batterio che colpisce soprattutto i cacciatori di conigli dell'arkansas, cercherò di tenerlo a mente nel caso me ne capiti uno in ambulatorio...
  • la peste nera è tuttora diffusa, in occidente, soprattutto presso i ranger dei grandi parchi americani.
  • la lebbra è endemica negli armadilli texani (se ne incontrate uno, mi raccomando, non fatevi mordere!)
  • l'herpes del gladiatore è una specie di patereccio erpetico che insorge su spalle e schiena ed è particolarmente frequente nei combattenti di lotta libera.
  • un tempo la poliomielite paralizzante era considerata una malattia borghese in quanto le migliori condizioni igieniche delle famiglie benestanti ritardavano l'esposizione al virus fino all'adolescenza quando però l'infezione causa sintomi più gravi. Paradossalmente i bambini che contraggono il virus nella prima infanzia sviluppano un'infezione del tutto asintomatica
  • la febbre da zecche del colorado non va confusa con la febbre maculosa delle montagne rocciose, ma poichè siamo in Italia non credo ci sia pericolo di fraintendimenti
  • l'enterite necrosante è particolarmente diffusa a Papua Nuova Guinea durante la "festa del maialino". Gli indigeni, infatti, hanno alimentazione principalmente vegetariana per tutto l'anno, quando mangiano il maiale in questa sola occasione il loro stomaco non è pronto a distruggere le tossine del clostridium. Tutto ciò è aggravato dal fatto che il maiale viene ingerito con contorno di patate dolci, le quali inattivano la tripsina, un enzima gastrico in grado di distruggere la tossina del clostridium
  • In ospedale non è possibile portare fiori ai degenti perchè c'è il rischio che l'acqua dei vasi venga colonizzata da pseudomonas aeruginosa, un batterio molto difficile da debellare in quanto resistente a numerosi antibiotici.

lunedì 10 novembre 2008

SEI DI TORINO SE...

è uno di quegli elenchi simpatici che girano per la rete da tempo, l'ho trovato su un blog e mi è piaciuto, quindi lo riporto con a fianco i miei commenti.

  • riesci a dire GNUN
  • non riesci mai a usare il passato remoto [ehm no, nel parlato non ho mai usato il passato remoto in vita mia! p.s. CVD!!]
  • cioccolato, arance, pane e salame e carta stagnola ti riempiono di ricordi molto belli
  • al primo fiocco di neve pensi già a discese meravigliose [sìsì, ma più una volta a dire il vero]
  • puoi raccontare almeno una caduta epica in sci [ma certo! però niente bonus-costole-fratturate]
  • passi tutte le estati a Finale Ligure [no, però ci son stata parecchie volte]
  • vai in discoteca a bardonecchia in moto d' inverno [non ho una moto, odio la discoteca e non ho casa a bardonecchia... l'eccezione che conferma la regola!]
  • non sei mai andata al museo egizio, tanto è lì e puoi andarci domani [quasi vero! ci ho accompagnato parenti e amici non-torinesi in visita]
  • le montagne ti mancano tantissimo quando viaggi [eh sì un pochino]
  • in certe mattine senti in città il profumo della neve, del ghiaccio, dei torrenti di montagna [ehi con calma non abito mica in una baita!]
  • in fondo Cuneo è già abbastanza lontana [meglio non chiedere ai torinesi dei cuneesi e viceversa]
  • ricordi con rimpianto la torino di dieci anni fa [per quel poco che mi ricordo]
  • ormai sai che all' estero nessuno sa bene dove sia la tua città [diciamo che da dopo le olimpiadi la gente sa che torino è in italia, sul resto stiamo lavorando]
  • usi la parola cicles! [eh sì, questo è il più grosso problema linguistico nei raduni nazionali :-) ma anche gli americani del sud usano ciclets, siamo giustificati!]

NEUROSCIENZE CUBETTI AZZURRI E FUSIONE MENTALE



Cominciamo a chiarire una cosa: ai ciechi dalla nascita non importa di vedere più di quanto a noi potrebbe importare percepire i campi elettromagnetici con le antenne. Spiegare la vista a un cieco è come spiegare la quarta dimensione, semplicemente inconcepibile. Questo perché se anche un cieco si ritrovasse con occhio, retina, nervi e corteccia visiva funzionanti non “vedrebbe” nulla, non saprebbe che farsene di questa valanga di informazioni che gli arrivano e in assenza di una specifica codifica – che va appresa – le ignorerebbe. Se qualcuno di voi ha mai provato ad aprire un’immagine jpeg con un elaboratore di testo può capire quello che intendo: sentire, ascoltare o toccare un’immagine è impossibile.

So che vi starete chiedendo dove voglia andare a parare, quindi vengo al punto: le sensazioni sono elaborazioni dei cervello che decide di codificare una serie di impulsi esterni in base all’esperienza acquisita. In assenza di esperienza non si ha sensazione, ma, e qui viene il busillis, chi ci assicura che la STESSA esperienza provochi la MEDESIMA sensazione in persone diverse?

Prendiamo il senso della vista che è facile da analizzare e da immaginare. Cominciamo con il pensare a un bambino piccolo che gioca con i cubetti (sì, bravi quelli di varie dimensioni e colori che si impilano, in ogni casa ce ne sono). La luce solare colpisce il cubo azzurro, una certa lunghezza d’onda viene rifratta, colpisce la retina del bambino, questo stimola la produzione di un segnale che viaggia fino alla corteccia visiva e qui si attivano una serie di neuroni. Ogni volta che il bambino volge gli occhio verso quel particolare cubetto succede la stessa cosa e gli stessi neuroni si attivano (ovviamente non è proprio così e sto semplificando parecchio me ne scuso con i numerosissimi neuroscienziati che leggono questo pezzo).

Col tempo l’associazione si è fatta stabile cubetto = neuroni = azzurro. L’attivazione di quei particolari neuroni mi dà la sensazione di azzurro.

Fin qui funziona tutto meglio delle coincidenze delle ferrovie teutoniche. Immaginiamo ora che il bambino esca all’aperto e veda il cielo di quell’esatta tonalità del cubetto, si attivano i neuroni azzurri e il cielo sarà azzurro.
Quando il bambino impara a parlare un genitore premuroso gli insegnerà che quel colore si chiama azzurro, ma per quel che ci riguarda potrebbe essere light blue o carriola o scarcagnac che farebbe lo stesso.

Ora, ciò che mi domando è: chi ci assicura che la sensazione prodotta dall’azzurro sia la stessa per il bambino, sua madre, me, Umberto Eco, Barack Obama, Bruce Willis, Pamela Anderson, lo zio Sam, il gatto dei vicini e Spongebob?

Se posso essere relativamente sicura che il gatto dei vicini abbia una sensazione di azzurro diversa dalla mia, chi mi assicura che la mia sia uguale a quella di Obama?
Per questo alla filosofia ho preferitol’approccio scientifico, anzi ho a sensazione che con queste basi di neuroscienze i dibattiti col professore di filosofia del liceo che mi dava della materialista-empirista sarebbero stati di gran lunga più interessanti. Purtroppo la vita non si vive mai nell’ordine giusto, ma di questo problema mi occuperò un’altra volta.

Per tornare all’azzurro problema la questione è tutt’altro che risibile, si tratta di capire:

  1. se i neuroni che si attivano la prima volta che si vede un colore siano gli stessi per tutti o se in qualche modo possa dipendere dal fatto che il primo oggetto azzurro ad essere visto sia un cubo piuttosto che una piramide o sia in casa piuttosto che al parco.
  2. Se l’attivazione di quelli che abbiamo chiamato neuroni azzurri producano effettivamente la stessa sensazione in individui diversi.
Se il primo punto è difficile da dimostrare, il secondo è concettualmente impossibile perché implicherebbe il fatto che una persona con la propria coscienza possa accedere alle sensazioni di un altro e confrontarle con le proprie. Una fusione mentale alla Star Trek in pratica; vorrà dire che aspetterò il primo contatto nel 2063 e chiederò ai vulcaniani di persona.

domenica 2 novembre 2008

LE AULE STORICHE


Non c’è anno in cui a medicina non si riapra la discussione aule storiche vs nuovi edifici futuristici. I SOPRA (sostenitori del progresso nelle aule) ergono a proprio baluardo alcune considerazioni inoppugnabili, le aule moderne (vedi biotecnologie) hanno:
  • sedili più comodi
  • proiettori e microfoni funzionanti
  • non rischiano di crollare da un momento all’altro
  • sono o potrebbero essere tutte vicine e addirittura si potrebbe restare nella stessa aula per anni senza spostarsi di ora in ora.
I SOTTO (sostenitori della tradizione torinese) di cui non so chi faccia parte oltre alla sottoscritta, sostengono invece:
  • le aule storiche sono più scomode (non sempre in ogni caso) ma più poetiche e non claustrofobiche.
  • microfoni e proiettori con un’adeguata manutenzione funzionano anche lì (e c’è la linea wireless che a biotech ancora latita)
  • cambiare aula è divertente, fa associare ogni prof al suo ambiente ed evita la formazione di gruppetti fissi perché se ciascuno ha il suo posto preferito in ogni aula ne deriva che cambierà vicini più volte al giorno e non manterrà sempre gli stessi.
Certo è difficile combattere a forza di poesia, ma ci proverò ugualmente. Queste sono alcune considerazioni che mi han portato a fondare e sostenere il SOTTO.

Entrare a biotecnologie mi faceva pensare di essere in un film americano, fino alle scale quando prevaleva la sensazione di trovarsi in un parcheggio in costruzione, cemento grigio tutto attorno e nient’altro. Le aule sono comode sì, perfette per le conferenze, ma poco didattiche: chi ha provato a parlare con un professore messo tre gradini più in alto con la cattedra che a te arriva al mento e lui che si sporge da sopra stile Polifemo sa di cosa sto parlando. Certo, facilitava i test psicologici sugli insegnanti dividendoli subito in 2 categorie: quelli che quando ti avvicini scendono e si portano ad altezza occhi e quelli che restano sul loro trespolo-trono e ti fanno sentire in inferiorità.

Queste aule poi han messo in crisi un’intera categoria di professori, gli Itineranti: quelli che non riescono a parlare da dietro la cattedra, ma devono accompagnare ogni ragionamento con un adeguato movimento e camminano su e giù davanti alla lavagna, salgono e scendono le scale interpellando questo o quello studente. Difficile passeggiare in un cinema, impossibile indicare con precisione uno studente a cui chiedere una risposta, ne sa qualcosa Hirsch che dopo una settimana di “Tu maglietta verde” si è trovato di fronte duecento indistinguibili studenti vestiti di grigio-tappezzeria, primo caso di auto-uniforme della storia.

Veniamo ora alle aule storiche: ognuna ha una sua peculiarità. Prendiamo biochimica con la sua cattedra di 12 metri l’utilità della quale resta misteriosa, a parte costringere i professori a strane evoluzioni per spostarsi e gli studenti a improbabili acrobazie per attraversare l’aula.

Prendiamo anatomia, l’emiciclo così bello da essere richiesto per i film una volta all’anno, un tempo era alta il doppio, quasi un parlamento. L’acustica è così perfetta da non richiedere un microfono e ci sono banchi con incisioni risalenti gli anni ’20 gli stessi banchi dove molti dei nostri professori hanno sonnecchiato (se non dormito profondamente) come generazioni e generazioni di studenti fino a noi.

Prendiamo l’aula di chirurgia con i suoi ottocenteschi dipinti e mezzibusti e le targhe dalla retorica dannunziana.

Prendiamo fisiologia con le sue sculture e targhe che ricordano professori celebri, fondatori dell’istituto e studenti scomparsi prematuramente. Le balconate superiori furono chiuse in seguito a uno scherzo goliardico di trent’anni fa, quando alcuni studenti bersagliarono con uova piene di inchiostro professori e studenti per poi darsi alla fuga dalle comode porte separate. L’aula dove ogni caduto è perso e si tramanda l’epica avventura dello studente a cui cadde il libretto tra le assi del pavimento. Fu recuperato insieme a preziosi documenti persisi nei secoli e forse cadaveri occultati, dopo ore di lavoro del falegname.

Trovo rassicurante sostenere l’esame in un’aula dove chi ti interroga è stato sottoposto a giudizio prima di te, e dove i ruoli si potranno invertire.
Trovo più epico di un campus americano precipitato per sbaglio in via nizza varcare l’alto portone di legno di corso massimo e ritrovarmi ai piedi di una scalinata di marmo con i corridoi in mosaico e i soffitti affrescati.
Trovo che la sala settoria con i tavoli di pietra e gli sgabelli di ferro sia l’ambiente giusto per le esercitazioni di anatomia più di quanto non potrebbe esserlo una sala operatoria dalla chirurgica asetticità.
Trovo che scoprire passaggi che uniscono un edificio all’altro attraverso cantine buie e polverose dia una infantile soddisfazione da esploratore.

Certo, quando il proiettore si spegne improvvisamente perché il cavo che attraversa l’aula nascosto sotto le gradinate di legno non fa contatto mi lamento come tutti, ma è l’irrinunciabile sacrificio da pagare alla poesia.

sabato 25 ottobre 2008

PERCHE' I MEDICI PARLANO SEMPRE DI MEDICINA?


Mi hanno fatto notare qualche sera fa che se in un gruppo eterogeneo ci sono due o più studenti di medicina per tutta la sera questi non fanno altro che lanciarsi frecciatine e battute che nessun altro può capire, se non proprio discutere di questa o quella materia.
Fateci caso: è vero. E funziona solo per gli studenti di medicina: mai visti due di legge che discutono di un articolo, due di architettura che parlano di travi o due di lettere che discorrono di Marco Aurelio, e mi sono chiesta, perché?
Facciamo qualche ipotesi.

Risposta 1. noi studiamo di più. Dopo aver passato la giornata fra sei ore di lezione e tre-quattro di studio viene spontaneo trovare agganci a quanto affrontato anche per le restanti (poche) ore.
Questa motivazione non mi convince… in teoria dovremmo averne abbastanza e non volerne più sentire parlare.

Risposta 2. quello che studiamo riguarda tutto, quindi tutto ce lo ricorda. È difficile che qualcosa possa non riguardare il cervello o il cuore o il fegato o i polmoni, il pancreas, la cute, la cistifellea, lo stomaco, l’esofago… senza contare che la metà degli insulti riguardano malattie (ma su questo rifletteremo magari in seguito).

Risposta 3. siamo una setta. Ci piace che la gente non ci capisca quando parliamo, ma ci piace anche spiegare ai “comuni mortali” perché le cose funzionano. Il che mi riporta alla

Risposta 4. amiamo così tanto quello che facciamo che ci pensiamo di continuo e non ci accontentiamo di pensarlo ma vogliamo renderne tutti partecipi.
Chi non è mai stato da un dottore che l’ha sapientemente edotto su eziologia, decorso e prognosi della malattia con quell’aria a metà tra un professore che spiega la lezione e un bambino orgoglioso si saper recitare la poesia di Natale?
Devo ammettere che questa è la spiegazione che preferisco, è una sorta di autogiustificazione, ma penso che anche per l’utenza sia meglio sopportare qualche spiegazione scientifica e avere medici competenti piuttosto che il contrario.

Certo tale motivazione da sola non spiega perché gi altri studenti che amano ciò che fanno non ne parlino in continuazione, questo sta a loro spiegarlo. Ma, Montarolo, non lamentarti del nostro disinteresse per le materie che studiamo portandoci ad esempio Watson e Crick che hanno avuto la rivelazione sul segreto della vita una sera al pub. Fai piuttosto un giro la sera per i locali del quadrilatero e saprai riconoscere subito i gruppi di studenti di medicina, in alternativa chiedi ai nostri amici di “scienze confuse” sapranno smentirti in un minuto.

venerdì 25 luglio 2008

SEI UN VERO STUDENTE DELLE MOLINETTE?

navigando tra i siti di altervista, mi sono casualmente imbattuta in uno davvero carino che dà la possibilità ai visitatori di creare un test personale.

L'idea originaria sarebbe fare delle domande sulla propria persona per vedere se i tuoi amici sanno rispondere, ma io ne ho fatto un uso... diciamo alternativo, e il mio test riguarda la medicina e le Molinette.

E' divertente (spero!) se siete miei compagni di corso, ma lo è soprattutto se non lo siete, in entrambi i casi provate!!


per rendere l'intera faccenda più interessante, qui ci sono i profili in base al punteggio ottenuto:

punteggio: 70-98 sei un molinettiano doc, attento potresti impazzire da un momento all'altro (o probabilmente sei già pazzo!) si consiglia di staccare da studio e università per qualche tempo: potresti scoprire che ascoltare la musica, uscire alla sera, andare al cinema, conoscere gente è in genere un passatempo preferibile a passare le notti in compagnia dei libri di fisiologia

punteggio 30-70 sai goderti la vita, ma come medico non ci siamo ancora... della serie se arriva uno in pronto soccorso puoi intrattenerlo con discorsi su musica, cinema, politica ecc. ma speriamo non stia male davvero

punteggio <30 le tue risposte sono troppo umanistiche... sicuro di non essere un infiltrato di Palazzo Nuovo?

sabato 21 giugno 2008

SAI DI AVER STUDIATO TROPPO A LUNGO FISIOLOGIA QUANDO...




1. PSP per te non significa "Play Station Portable" ma "Post Synaptic Potential"

2. un tuo amico non ha fatto in tempo a dire "Forse devo cambiare gli occhiali" e tu ti sei messo a disegnare lenti e raggi di luce sul tavolo


3. per aprire una porta pensi agli impulsi in partenza dall'area premotoria frontale, all'area 4 alla via piramidale ed extrapiramidale del movimento e al controllo dei nuclei cerebellari


4. non riesci ad addormentarti se prima non pensi alla regolazione del ciclo sonno-veglia del tronco encefalico e quando ti sei addormentato sogni fasi REM e nRem


5. quando suona la sveglia il tuo primo pensiero è se eri in fase REM o in fase II


6. frequenti Wernicke più dei tuoi amici


7. hai sbattuto col mignolo del piede contro una porta, ma sei talmente stressato per il troppo studio che non ci hai neanche fatto caso, ma appena te ne accorgi tutto ciò a cui pensi è la via discendente dopaminergica del controllo del dolore


8. cerchi le risposte a tutte le domande della vita aprendo il Conti in una pagina a caso


9. non riesci più a dar da mangiare al cane senza pensare a Pavlov e ai suoi riflessi condizionati


10. diagnostichi a te stesso un'afasia di conduzione perchè quando parli sembra che gli altri pensino tu sia di un altro pianeta, in realtà gli stavi spiegando per l'ennesima volta la regolazione ortosimpatica del diametro della pupilla.


11. Ti ritrovi a pensare quanto dev'essere figo fare il test della capacità vitale con la diluizione dell'azoto per parlare con la voce di topolino


12. non riesci più a pisciare in pace senza pensare ai vari riflessi lombo-sacrali e tronco-encefalici, al nucleo di Onuf e al centro pontino della minzione.


13. dopo esserti ubriacato per placare le tue angosce pensi che dopo tutto è un'ottima occasione per ripassare l'atassia e i sintomi di lesione cerebellare


14. rispondi a tutte le domande che ti vengono rivolte con V/F


15. sai citare a memoria contenuto e concentrazione dei gas nel sangue, valori di flusso ematico regionale nei distretti più disparati come il glomo carotideo, pressioni osmotiche, oncotiche, molarità, molalità, genesi, propagazione, contenuto, percentuale, voltaggio di pressocchè ogni molecola del corpo, ma ti accorgi di non sapere più il tuo indirizzo, numero di telefono e data di nascita. a maggior ragione dimentichi i compleanni degli amici che ovviamente non accettano come giustificazione "Ho dovuto far posto al valore normale e patologico dell'indice di Tiffenau"


16. all'ultima festa a cui hai partecipato ti sei presentato senza pensarci come Jan Purkinje. Poi ovviamente sei dovuto scappare per studiare il giorno dopo


17. hai lanciato il gatto dei vicini dal balcone per studiare dal vivo la catena di riflessi che lo fa cadere in piedi (poi ti sei ricordato che abiti sopra la tangenziale)


18. ti è capitato più volte di pensare: per svoltare a destra devo attivare la corteccia motoria sinistra, la via piramidale che decussa e passa a destra, il motoneurone flessorio dell'avambraccio destro che riferisce afferenze al nucleo olivare sinistro che proietta al cervelletto destro che rifà la strada al contrario..... e poi giri a sinistra


19. sei pronto a saltare alla gola di chiunque pronunci l'avverbio "fisiologicamente"


20. stai seriamente meditando il suicidio ma poi pensi che

  • non deve essere piacevole restare in preda agli spasmi muscolari da stricnina
  • che il curaro è ancora peggio: cadi a terra come una pera e non hai più il controllo del corpo, muori soffocato
  • forse si potrebbe meditare di tagliarsi le vene, così da sperimentare anche il famoso riflesso del barocettore carotideo.... poi vieni sviato dai tuoi intenti perchè tutto questo ti ricorda che devi ancora ripassare lo shock ipovolemico

mercoledì 18 giugno 2008

- 4 GIORNI 20 ORE 36 MINUTI

assurdamente tratta
tra solo più ed ancora
mentre trascorre ratta
e insieme lenta l'ora

ristò, gelo, sospesa
attendo a capo chino
d'udir, l'orecchia tesa
i passi del destino

ristanno anche i pensieri
tronchi, non formulati
se un tempo fuor leggieri
gelano appena nati

immobili nel gesto
di trarre il primo fiato
in un secondo resto
sospesa tra il passato

ed il presente: tempo
prigione del momento,
momento senza tempo
agir non so, ma sento

fidar non sia leale
speranza e confidenza
autoreferenziale.
Virtute e canoscenza

inutilmente nobili
neuroni, non lo nego,
han le sinapsi immobili.
Dunque che faccio? Prego

che Crono, gran vegliardo,
tronchi questa distanza
mentr'io vieppiù mi attardo,
sola, con la speranza.

martedì 17 giugno 2008

FISIOROMANZA



La musica su cui adattare le parole è quella di Fotoromanza di Gianna Nannini

Alla sera non esci, ti prepari un panino, due caffè e un tiramisù, anche tu?
Ti addormenti sopra un libro che alla luce del giorno non ricordi più, anche tu?
Quanto studio però, non c’è niente che so, ho il morale in cantina
E dipende lo so, se lo chiedono o no, chissà come mi andrà?

E se studi troppo, già lo sai la notte che succederà, anche tu?
Non vorrei sognare, ma quest’incubi ormai mi fanno compagnia, anche tu?
“Mi risponde o no, mi risponde o no? Gliel’ho chiesto già prima!”
Cerco provo però, quello ahimè non lo so, chissà chi vincerà?

Questo esame è una morte si sa
Troppo studio col caldo in città
Questo esame è una lama sottile
Che ti svena al rallentatore

Questo esame è cianuro e caffè
Questo esame è una pena a sing-sing
E' un mattone che cade dal cielo
Mille pagine che son veleno

Io non riesco a dirlo, l’ho studiato ma non lo ricordo più, anche tu?
Sei così confuso che quando ti chiaman non sai più chi sei, anche tu?
“Mi risponde o no, mi risponde o no? Gliel’ho chiesto già prima!”
Cerco, provo però, forse questo lo so, chissà chi vincerà?

Questo esame è una morte si sa
Troppo studio col caldo in città
Questo esame è una lama sottile
Che ti svena al rallentatore

Questo esame è cianuro e caffè
Questo esame è una pena a sing-sing
E' un mattone che cade dal cielo
Mille pagine che son veleno

sabato 26 gennaio 2008

DO YOU HAVE A FACEBOOK?



Ci sono dei giorni, e sono la maggioranza a dire il vero, in cui odio facebook. Odio quel suo continuo attentare alla tua vita personale e privata, un giorno accetti un’amicizia da una persona che non conosci così bene, un altro trovi una tua foto venuta male, ma non ti osi chiedere di toglierla, un altro ti ritrovi a fare un test il cui poco lusinghiero risultato viene notificato a tutti. O più semplicemente sei sommerso di mail che ti avvisano che Tizio ha fatto questo Caio ha richiesto la tua amicizia, Sempronio ha commentato sulla tua foto e non puoi eliminare le notifiche o rischi di perderti qualche commento/invito di fondamentale importanza.

Ma ci sono altri giorni in cui senti la potenza e insieme la bellezza di questo strumento. Oggi è uno di quei giorni. Grazie a facebook, infatti, la mia classe delle medie si è ricostituita pressocchè al completo a distanza di otto anni. Subito otto anni sembrano un’eternità, anche perché le strade si sono divise e i mestieri futuri iniziano ad abbozzarsi e a rendersi visibili. Nella prima mezz’ora vengo a sapere che la mia ex-classe ha prodotto due DAMS, tre ingegneri (informatico, aerospaziale e elettronico), un militare, due architetti, due medici, uno statistico, una linguista, un cuoco, due infermieri, un avvocato, uno spacciatore (presunto), un barista, un economista, un biotecnologo. Di quattro non si hanno notizie dirette o indirette.

Dapprima si rimane storditi da una simile valanga di informazioni, impressioni, facce nuove, barbe e capelli più lunghi o più corti, occhiali e lenti a contatto, stempiature e tatuaggi. Poi, pian piano antichi gesti, espressioni, sorrisi, occhiate riemergono dalle sabbie del tempo e tornano reali. “Tu sei rimasto proprio uguale”, “Per te invece ho fatto fatica, ma parli allo stesso modo”, “Ti ricordi che sbattevi sempre le mani sul tavolo? Guarda, lo fai ancora”, “La risata spezzata è sempre la stessa” “Ti si può ancora disegnare col compasso”. Poi si scopre che quattro hanno cambiato casa, qualcuno più d’una volta, cinque hanno iniziato a fumare, due hanno già smesso, molti lavorano per arrotondare o per mantenersi gli studi, qualcuno sta per andare a vivere da solo.

Sui lavori si potrebbe fare uno studio sociologico, vanno dal classico (ripetizioni) al moderno (webmaster), curioso (ballerina), inaspettato (allenatore di basket), parodistico (call-center) per citarne solo alcuni.

Dopo le prime curiosità “Ma che è il dams?” “Ma esattamente un ingegnere informatico…. cosa fa?” “Ma sai già che specializzazione fare?” inizia il carosello di “Ma scienze dell’architettura? Allora conosci…” “ Ma giurisprudenza corso N? hai mica visto uno alto più o meno così bruno con gli occhiali, si chiama … non so il cognome”, “Ma andavi al galfer? Eri mica in classe con …” a dimostrazione che i 7 gradi di separazione a Torino sono in media 2. Qualcuno scopre di essere vicino di casa di un altro e misteriosamente non averlo mai incontrato in questi anni, qualcuno invece ha visto per strada un compagno, l’ha salutato, o non ha avuto il coraggio, qualcuno è stato salutato in aula studio da un irriconoscibile vicino di banco, qualcuno è passato a scuola per salutare i vecchi professori, altri preferiscono evitare, qualcuno ha riconosciuto professoresse in pensione per strada ed ha avuto la tentazione di investirle.

E ad un tratto in tutto questo parlare e rievocare eravamo di nuovo una classe, tutti gli screzi mitigati dal tempo, perché dopo otto anni si può anche perdonare il vicino di banco che ha rubato il diario segreto dell’amica scoprendo e divulgandone le preferenze. Tutti i litigi sepolti e dimenticati, archiviati come vecchi giocattoli, magari orrendi, ma innocui e teneri. In una serata ho recuperato una quantità di ricordi che non sapevo di avere (per la sicura gioia postuma di un certo Sigmund), la rubrica mentale mi è andata in tilt come se un virus mischiasse nomi, cognomi e facce di compagni di diverse scuole e diverse epoche risultando in un’afasia da fare invidia a tan-tan.

Bella serata, senza riserve e per una volta soltanto, grazie facebook.