giovedì 10 aprile 2014

PERCHE' (FORSE) LA CULTURA GENERALE NON E' DA BUTTAR VIA


E' tempo di test d'ingresso e no, non mi addentrerò nella polemica su Chomsky o Hobsbawm (o Hobsbawn che dir si voglia). Nè tanto meno su o-mio-dio-hanno-messo-una-N-al-posto-di-una-M-inducendomi-in-errore-RICORSO!.
Ho già detto la mia anni fa sul test di medicina e non intendo ripetermi, anche perchè continuo a pensarla più o meno allo stesso modo.
Oggi mi lamenterò invece della mia vita quotidiana, fatta di cartelle, referti, verbali di pronto soccorso e di linguaggio tecnico, amichevolmente detto "medichese".

Contrariamente a quanto si pensa, medicina non è una facoltà esclusivamente scientifica. Una buona fetta del nostro lavoro, infatti, consiste nel comunicare col prossimo: con i colleghi per capirsi e con i pazienti nel tentativo di farsi capire (ma non troppo). Per fare ciò è necessario avere una conoscenza adeguata del su citato linguaggio tecnico, ma diciamo che non guasterebbero delle solide basi di italiano.

A questo proposito mi viene sempre in mente quella barzelletta del tipo che va in un allevamento per prenotare una coppia di cani e sul modulo alla voce "razza e quantità" scrive: "Due pastori belghi". Poi rilegge, scuote la testa sconsolato, corregge: "Due pastori belgi". Guarda di nuovo, non sembra convinto. Straccia il modulo, lo compila da capo: "Due pastori belgici". No, eppure stona. Mordicchia la penna e alla fine ha il lampo di genio: "Un pastore belga. Anzi, due."

Il mestiere di medico non rappresenterà più l'elite socio-culturale di una volta, quando 'l dutùr era onnisciente per definizione, ma è pur sempre una figura culturale di riferimento ed è per questo che Mikipedia oggi presenta l'utilissima guida in 5 punti: "Come evitare figure di merda nelle lettere di dimissione: errori comuni e meno comuni del medichese moderno".

1) Ago-canula o ago-cannula? Se va scritto pazienza, tanto si sa che i medici hanno una pessima grafia, basta un numero casuale di ondine in mezzo e via in scioltezza. Ma se si fosse costretti a digitarlo, o pronunciarlo?
Cannula è un derivato di canna, quindi ha due n. Questa è la definizione del dizionario Treccani.

cànnula s. f. [dal lat. cannŭla, dim. di canna «canna»]. – Cannello, cannuccia. In partic., nome dato a strumenti, loro parti o segmenti, di forma più o meno cilindrica, aperti ai due estremi, oppure a tubicini di vario calibro e materiale, usati per varî scopi in chirurgia e tecnica terapeutica; spesso qualificati a seconda degli organi cui sono destinati: ctrachealecesofagea, ecc.


2) Analogamente vaselina o vasellina? Qui la dizione non corretta è quella con la doppia ed è comune, ma non per questo giustificabile. Ce lo ricorda di nuovo il dizionario Treccani, insieme all'interessante etimologia. Di conseguenza le garze sono vaselinate non vasellinate.


vaelina (non corretto vaellina) s. f. [dall’ingl. vaseline, in origine nome brevettato, formato con il ted. Wasser «acqua», il gr. ἔλαιον «olio» e il suff. -ine «-ina»]. – Miscela di idrocarburi paraffinici solidi e liquidi, chimicamente neutra, in forma di massa molle, untuosa, incolore o giallastra, inodore, insapore, stabile all’aria, insolubile in acqua; si ottiene dai residui della distillazione dei petrolî e, pur non essendo assorbita dalla pelle, si usa in farmacia come eccipiente di pomate (cui si aggiunge lanolina, che viene invece assorbita) e inoltre nella fabbricazione di lubrificanti, prodotti antiruggine, creme da scarpe, ecc. V. artificiale, miscela di paraffina solida con olio di paraffina in proporzioni varie; olio di v., altro nome dell’olio di paraffina; v. ossidata (o ossigenata), prodotto di ossidazione della vaselina che si emulsiona abbastanza facilmente con l’acqua e viene assorbito dalla cute, usato anche come lubrificante.


3) Si può risolvere il problema definendo il paziente eutermico, ma se si decide per apiretico allora deve esserci una T sola. Perchè? Perchè viene da pyretòs e non da derivati di pratto o da sostantivi uscenti in -ekto. Per questa spiegazione scomodiamo addirittura l'Accademia della Crusca.


«L'unica forma corretta è apiretico: si tratta di un termine ricavato modernamente (XIX sec.) dal greco apýretos 'senza febbre', composto di a- con valore negativo (il cosiddetto alfa privativo) e pyretós 'febbre, forte calore' (la radice è la stessa di pŷr, pyrós 'fuoco', e si ritrova in pirite, piromane, pirosi ecc.). Perché la doppia t? Probabilmente per analogia con le numerose parole - anch'esse di origine greca - uscenti in -ettico: apoplettico, asettico, dialettico, epilettico, scettico. Molti sono oltretutto i termini che condividono il comune àmbito medico e questo può aver favorito l'indebito allineamento di apiretico alla serie con -tt-».

4) L'errore di gran lunga più comune e il più insopportabile, tanto che mi è costato un litigio con un paio di specializzandi e uno strutturato anni fa... la peristalsi è torPida non è assolutamente mai e per nessun motivo torBida. Ogni volta che sento quest'ultima dizione non posso fare a meno di immaginare uno stagno putrido al posto dell'addome che mi suscita conseguenti movimenti emetici antiperistaltici. Ebbene sì, torpido è un aggettivo italiano con un suo lemma nel dizionario:

tòrpido agg. [dal lat. torpĭdus, der. di torpēre «essere torpido»]. – 

1. Che ha temporaneamente perduto la prontezza dei riflessi e dei movimenti, riferito al corpo o a parti del corpo: avere le membra torpide. Più genericam., lento, pigro, fiacco, riferito sia ai movimenti del corpo sia alle facoltà intellettuali e morali:mente, intelligenza t., ingegno t., volontà t.Torpido per natura, e impazïente D’ogni pastoia (Giusti); i poliziotti oziavano, con l’occhio t. che non vede niente (I. Calvino). Con valore attivo, poet., che rende torpido: a lui nel reo cuore germoglia Torpida la selva di barbarie (Carducci). 

2. Nel linguaggio medico, di ulcera o altra lesione o manifestazione patologica che mostra scarsa tendenza a guarigione. ◆ Avv. torpidaménte, con torpidezza o torpore: starsene torpidamente disteso al sole.


5) Non strettamente correlato all'ambito medico ma diffusissimo e sempre più odioso, si dice "LA settimana prossima", non "settimana prossima". Secondo la solita accademia della crusca le ragioni di questo orribile modo di dire sono due: l'analogia con l'inglese (next week, next month, last year) e l'imitazione di espressioni apparentemente simili in italiano (Giovedì prossimo). E' vero, in italiano dire il prossimo Giovedì o Giovedì prossimo è la stessa cosa, ma con settimana non funziona. La prossima settimana e la settimana prossima richiedono entrambe l'articolo, proprio come lo scorso anno o l'anno scorso e il prossimo mese e il mese prossimo.

Ora so già che qualcuno obietterà che tra non sapere come si scrive cannula e sapere se Chomsky è mai stato senatore americano o se si è solo occupato occasionalmente di politica c'è un abisso e forse in questo test sarà premiato il perfetto ignorante che la risposta l'ha azzeccata per caso... 

ma, tutto sommato, penso che se facessero più domande così sarebbe meno penoso leggere le lettere di dimissione.


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