giovedì 14 aprile 2005

RISPOSTA DELLA LUNA AL PASTORE ERRANTE PER LE STEPPE DELL’ASIA


Che vuoi o pastorello? Dimmi che vuoi
Tedioso pastore?
Siedi la sera e stai
Tutto il tempo a parlar, mai ti riposi
Del dire tuo nulla mi cale,
ormai son stanca,
di sentire ogni sera questi canti
s’amara t’è la vita
e tedio il pascolar le greggi
che colpa n’ho io?
Son nata forse a consolare affanni
Di tristi poeti
E mandriani insipienti?
Invidiosa son talvolta
Di Giove e le sue genuine
Lune ch’ognor
Dividonsi le colpe
Della trista vita mortal
Sol perché non son nata mortal
e un battito di ciglia
è la vita tua per me
dev’io patire
le lamentele tue
e non sei pago
ch’a illuminar la strada io vi sia.
Pensasti poi
che se triste è la vita
col tuo pensarvi ognor
più tristo il fai
stare nel mondo?
e se illusion è il tutto
perché non anco morte
sospirata sarebbe
e quando alfin la Parca
un termine al tuo errare pose
chi t’assicura,
stolto! Che perderai ogni ricordo?
O forse rimarrai, eterno,
a rimembrar quel ch’ora non facesti
e lagneratti ancor,
ma non più io ad ascoltarti sarò.
Perciò raccogli le tue graggi
e vivi, impara
dagli armenti tuoi a giovar
o a lamentarti vai
dal Sole o da Zeus
o Moira o Fato o Stella o Padre
e non da me che da duemila anni
querel ricevo
e nulla ne posso.