Ore 10.25
Sei in corso Massimo, un sacco di gente si trova davanti a un edificio insignificante con la serranda abbassata, non si evince in alcun modo che si tratti della segreteria, lo sai, come tutti, perché qualcuno ci è stato prima di te e ti ha spiegato come arrivarci. Il discreto affollamento sul marciapiede non potrebbe assomigliare ad una coda neanche con immenso sforzo di fantasia. Sembrano di più persone che aspettano alla fermata dell’autobus, infatti le occupazioni sono le stesse: leggere il giornale, ascoltare l’iPod, mangiare snack, panini, polli arrosto, barattoli di pop corn, parlare al telefono, chiacchierare con il vicino ad altissima voce di affare strettamente personali ed imbarazzanti, bivaccare con sacchi a pelo, studiare.
Ore 10.30
Noti con piacere che la saracinesca si apre, puntuale. Improvvisamente il gruppo male assortito si compatta e si genera una mischia da rugby: i più bassi e mingherlini cercano di sgusciare tra le gambe degli altri, i più corpulenti spingono si fanno strada con la propria massa, i medi si tengono il detto latino in medio stat virtus e imprecano.
Scopo di tutto questa bagarre è raggiungere la macchinetta elettronica che dispensa i numeri per lo sportello: siccome siamo in Italia il concetto di coda è labile e incerto fino ad ulteriore certificazione. La certificazione in questione è fornita dal mostro tecnologico sopra descritto: un’unica macchinetta per le segreterie di Scienze MFN, Farmacia, Medicina, Odontoiatria e Scuole di Specialità. Poiché dall’apertura del cancello centinaia di mani (tra cui le tue) vi si sono gettate speranzose premendo pulsanti a caso, la macchina sputa biglietti a raffica che altre mani concitate afferrano, ignorando se si tratti del tagliando per il giusto sportello, e quindi la giusta facoltà. Il superlavoro in breve affatica la povera emettitrice che con un ultimo rantolo tira le cuoia gettando nella disperazione quelli che non sono riusciti fortunosamente ad impadronirsi di un biglietto.
Ristabilitosi un ordine sommario non ti resta che pregare nell’ordine:
10:45 C27
10:46 C27
10:48 C27
cosa diavolo deve fare questo C27??
Tra 12 minuti la segreteria chiude, hai lezione a due chilometri di distanza da lì e sei ovviamente a piedi, hai passato la pausa in quel luogo infernale rimediando graffi e lividi per impadronirti di un biglietto e rischia di essere tutto inutile. Inizi a maledire il C27 come numero (con tutti i suoi multipli e divisori) e come persona (con tutti i suoi avi fino al medioevo)
10:49 C28 dio sia lodato è il tuo turno
“Non deve rivolgersi a noi”
probabilmente è la peggior frase che si possa sentire in segreteria dopo “ma guardi a noi non risulta”. Questa settimana è la seconda volta che fai la coda con bivacchi, risse e attese annesse e la frase ha l’effetto di una doccia fredda in pieno inverno.
“Come sarebbe a dire non devo rivolgermi a voi?”
“Eh no, se lo statino è sbagliato deve parlare col professore, farsi certificare che lo sbaglio è stato suo, poi lui deve chiamarci, confermare e a quel punto possiamo cambiare il voto”
tutto questo perché due settimane fa, sfogliando gli esami sostenuti nella carriera on line scopri con orrore che il tuo voto di biologia risulta abbassato di due punti senza motivo apparente.
“Scusi potrei almeno vedere lo statino, così so cosa hanno sbagliato?”
almeno questo te lo concedono. Con l’aria di chi sta facendo un enorme favore a un San Tommaso incredulo ti mostrano uno statino, un foglio volante così come esce dal punto blu che li stampa. Ma non dovrebbero esserci dei registri? Non avrei dovuto firmare un registro? Mentre ti interroghi su questa singolarità burocratica, la segretaria, con l’aria di chi spiega le addizioni a un bambino poco sveglio, ti ammonisce:
“Vede? Qui in lettere c’è scritto il voto giusto, ma in numeri è sbagliato ed è uguale in entrambe le copie”.
Nell’ordine pensi:
“No in caso di contraddizione bisogna chiedere conferma”
“Neanche se uno dei due voti è uguale a quello del libretto?” ormai le tue speranze stanno colando a picco come la portaerei in una battaglia navale sfortunata e cerchi di appigliarti ai rottami per non annegare.
“Il libretto non fa fede perché è falsificabile”. Affermazione quanto meno opinabile, ma ormai la tua mente è annebbiata dalla lunga coda e inizi a capire che è una lotta contro i mulini a vento, fai solo in tempo a pensare confusamente perché mai i professori firmino il libretto e perché lo si debba consegnare al momento della laurea se non è un documento attendibile.
“E cosa faccio?” decidi di alzare definitivamente bandiera bianca “Vada a parlare col professore, speri che si ricordi di lei e che confermi la sua versione e che ci avvisi e noi chiamiamo il professore, confermiamo l’errore e correggiamo”.
Nascondendo meglio che puoi la rabbia per esser stato trattato come un sicofante fraudolento, inizi a figurarti una nuova coda, una nuova rissa per il biglietto, nuovi e numerosi tentativi di rientrare nei pochi fortunati che hanno accesso allo sportello e sull’orlo della sincope, con tono implorante chiedi:
“Devo rifare la coda?”
“No chiami questo numero”
11.05
sei in ritardo per la lezione e probabilmente sarai fulminato da una gelida occhiata del professore che ti coglie a metà strada mentre tenti di scivolare con indifferenza in un posto in ultima fila, la burocrazia si è rivelata per l’ennesima volta in tutta la sua ottusità e neanche stavolta hai risolto il tuo problema.
Però non dovrai rifare la coda, tutto sommato si può considerare un successo.
NOTA: questo racconto non è fedele e, a parte le ovvie licenze, vorrei chiarire che la nostra segreteria non è sempre così. Lo è talvolta. Spesso. Ciononostante la vicenda raccontata è vera, anche non è successa a me, ma mi è stata riferita. Le coloriture derivano da altre molteplici avventure personali (e riferite) in quell'ameno luogo.
Sei in corso Massimo, un sacco di gente si trova davanti a un edificio insignificante con la serranda abbassata, non si evince in alcun modo che si tratti della segreteria, lo sai, come tutti, perché qualcuno ci è stato prima di te e ti ha spiegato come arrivarci. Il discreto affollamento sul marciapiede non potrebbe assomigliare ad una coda neanche con immenso sforzo di fantasia. Sembrano di più persone che aspettano alla fermata dell’autobus, infatti le occupazioni sono le stesse: leggere il giornale, ascoltare l’iPod, mangiare snack, panini, polli arrosto, barattoli di pop corn, parlare al telefono, chiacchierare con il vicino ad altissima voce di affare strettamente personali ed imbarazzanti, bivaccare con sacchi a pelo, studiare.
Ore 10.30
Noti con piacere che la saracinesca si apre, puntuale. Improvvisamente il gruppo male assortito si compatta e si genera una mischia da rugby: i più bassi e mingherlini cercano di sgusciare tra le gambe degli altri, i più corpulenti spingono si fanno strada con la propria massa, i medi si tengono il detto latino in medio stat virtus e imprecano.
Scopo di tutto questa bagarre è raggiungere la macchinetta elettronica che dispensa i numeri per lo sportello: siccome siamo in Italia il concetto di coda è labile e incerto fino ad ulteriore certificazione. La certificazione in questione è fornita dal mostro tecnologico sopra descritto: un’unica macchinetta per le segreterie di Scienze MFN, Farmacia, Medicina, Odontoiatria e Scuole di Specialità. Poiché dall’apertura del cancello centinaia di mani (tra cui le tue) vi si sono gettate speranzose premendo pulsanti a caso, la macchina sputa biglietti a raffica che altre mani concitate afferrano, ignorando se si tratti del tagliando per il giusto sportello, e quindi la giusta facoltà. Il superlavoro in breve affatica la povera emettitrice che con un ultimo rantolo tira le cuoia gettando nella disperazione quelli che non sono riusciti fortunosamente ad impadronirsi di un biglietto.
Ristabilitosi un ordine sommario non ti resta che pregare nell’ordine:
- di esserti fortunosamente impadronito del biglietto per la giusta segreteria
- di non avere troppe persone davanti
- che tutti quelli che ti precedono in coda debbano sbrigare pratiche veloci
10:45 C27
10:46 C27
10:48 C27
cosa diavolo deve fare questo C27??
Tra 12 minuti la segreteria chiude, hai lezione a due chilometri di distanza da lì e sei ovviamente a piedi, hai passato la pausa in quel luogo infernale rimediando graffi e lividi per impadronirti di un biglietto e rischia di essere tutto inutile. Inizi a maledire il C27 come numero (con tutti i suoi multipli e divisori) e come persona (con tutti i suoi avi fino al medioevo)
10:49 C28 dio sia lodato è il tuo turno
“Non deve rivolgersi a noi”
probabilmente è la peggior frase che si possa sentire in segreteria dopo “ma guardi a noi non risulta”. Questa settimana è la seconda volta che fai la coda con bivacchi, risse e attese annesse e la frase ha l’effetto di una doccia fredda in pieno inverno.
“Come sarebbe a dire non devo rivolgermi a voi?”
“Eh no, se lo statino è sbagliato deve parlare col professore, farsi certificare che lo sbaglio è stato suo, poi lui deve chiamarci, confermare e a quel punto possiamo cambiare il voto”
tutto questo perché due settimane fa, sfogliando gli esami sostenuti nella carriera on line scopri con orrore che il tuo voto di biologia risulta abbassato di due punti senza motivo apparente.
“Scusi potrei almeno vedere lo statino, così so cosa hanno sbagliato?”
almeno questo te lo concedono. Con l’aria di chi sta facendo un enorme favore a un San Tommaso incredulo ti mostrano uno statino, un foglio volante così come esce dal punto blu che li stampa. Ma non dovrebbero esserci dei registri? Non avrei dovuto firmare un registro? Mentre ti interroghi su questa singolarità burocratica, la segretaria, con l’aria di chi spiega le addizioni a un bambino poco sveglio, ti ammonisce:
“Vede? Qui in lettere c’è scritto il voto giusto, ma in numeri è sbagliato ed è uguale in entrambe le copie”.
Nell’ordine pensi:
- come sia possibile che un professore universitario con una laurea e un dottorato non sia in grado di ricopiare un numero da un foglio a uno statino senza sbagliare
- come sia possibile che il suddetto non faccia attenzione a quello che scrive
- quale sia la funzione della doppia copia dei dati dello statino se poi quando si sbaglia si sbaglia in modo identico su tutti e due
- se fra i duecento voti registrati quella mattina doveva capitare che sbagliassero proprio il tuo
- fra le due cose non dovrebbe fare fede il voto in numeri?
“No in caso di contraddizione bisogna chiedere conferma”
“Neanche se uno dei due voti è uguale a quello del libretto?” ormai le tue speranze stanno colando a picco come la portaerei in una battaglia navale sfortunata e cerchi di appigliarti ai rottami per non annegare.
“Il libretto non fa fede perché è falsificabile”. Affermazione quanto meno opinabile, ma ormai la tua mente è annebbiata dalla lunga coda e inizi a capire che è una lotta contro i mulini a vento, fai solo in tempo a pensare confusamente perché mai i professori firmino il libretto e perché lo si debba consegnare al momento della laurea se non è un documento attendibile.
“E cosa faccio?” decidi di alzare definitivamente bandiera bianca “Vada a parlare col professore, speri che si ricordi di lei e che confermi la sua versione e che ci avvisi e noi chiamiamo il professore, confermiamo l’errore e correggiamo”.
Nascondendo meglio che puoi la rabbia per esser stato trattato come un sicofante fraudolento, inizi a figurarti una nuova coda, una nuova rissa per il biglietto, nuovi e numerosi tentativi di rientrare nei pochi fortunati che hanno accesso allo sportello e sull’orlo della sincope, con tono implorante chiedi:
“Devo rifare la coda?”
“No chiami questo numero”
11.05
sei in ritardo per la lezione e probabilmente sarai fulminato da una gelida occhiata del professore che ti coglie a metà strada mentre tenti di scivolare con indifferenza in un posto in ultima fila, la burocrazia si è rivelata per l’ennesima volta in tutta la sua ottusità e neanche stavolta hai risolto il tuo problema.
Però non dovrai rifare la coda, tutto sommato si può considerare un successo.
NOTA: questo racconto non è fedele e, a parte le ovvie licenze, vorrei chiarire che la nostra segreteria non è sempre così. Lo è talvolta. Spesso. Ciononostante la vicenda raccontata è vera, anche non è successa a me, ma mi è stata riferita. Le coloriture derivano da altre molteplici avventure personali (e riferite) in quell'ameno luogo.
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