che ci crediate o no questo tizio dall'aria ammiccante è il signor Harrison dell'Harrison. |
Il dramma inizia l'ultimo anno di liceo, quando tutti quelli che incontri, dal vicino di casa al cugino di settimo grado, ti chiedono con fare indagatore "Quest'anno hai la maturità? Ma cosa vuoi fare DOPO?".
Solo che lì la risposta era semplice, "Medicina" è una spiegazione alla portata di tutti in grado di tacitare chiunque per un po'. Anche se ricordo ancora con raccapriccio la risposta "Brava, un medico, un ingegnere e un idraulico in famiglia tornano sempre utili". Non ho mai saputo perchè un avvocato un imbianchino e un prete non fossero altrettanto ambiti nelle famiglie italiane...
La tranquillità è, però, di breve durata, perchè ben presto si inizia a parlare di SPECIALIZZAZIONE e ciascuno vuole dire la sua per cui a partire dal terzo anno non è più sufficiente rispondere al vicino di casa incontrato sul pianerottolo "Studio medicina" perchè immediatamente scatta la domanda successiva "E che specializzazione vorresti fare dopo?".
Ho pazientemente raccolto i migliori consigli ricevuti in questi anni (alcuni sono stati addirittura formulati per interposta persona ai miei genitori).
1) DENTISTA - giustificazione: così guadagni un sacco e c'è sempre richiesta. Non ho avuto cuore di dire al malcapitato che è in assoluto l'unica cosa che con una laurea in medicina non si può fare perchè esiste un corso a parte...
2) FISIOTERAPISTA giustificazione: fanno tanto bene agli anziani. Far capire alla vecchina del sesto piano che il fisioterapista non è un medico è impossibile quasi quanto spiegarle che diabete è un sostantivo maschile, quindi regge l'articolo "il" e non "la".
3) MASSOTERAPISTA/OSTEOPATA anche qui la differenza tra la medicina tradizionale e quelle alternative si deve essere persa da qualche parte tra elisir e studio aperto.
4) MEDICO FISCALE. Avete presente quel simpatico tizio a cui è dato l'ingrato compito di suonare i campanelli alla mattina per scoprire che il signor Rossi Mario, che risulta assente dal lavoro per lombalgia, in realtà sta ritinteggiando l'appartamento? La versione medica dell'agenzia di recupero crediti? Ecco... quello lì. Giustificazione (sempre la stessa): si guadagna bene.
Ora, nulla contro i medici fiscali e le molteplici ragioni che possano averli spinti a fare questo lavoro, ma accidenti a voi consulenti da pianerottolo vi è mai passato per l'anticamera del cervello che chi si sobbarca 6 anni di università + 5 di specializzazione non lo fa solo per guadagnare il più possibile con un lavoro noioso? Mai sentito parlare di gratificazione professionale?
Ad ogni modo il dramma non fa che peggiorare e quando arrivi alla soglia della laurea e finalmente hai deciso.
"Ti stai quasi per laureare eh?"
"Eh sì"
"Sai già cosa fare dopo?"
"Medicina Interna"
"Ah"
la reazione è sempre la stessa: sgurado vacuo per qualche secondo seguito da frenetici cenni di assenso del capo, tranne qualcuno che osa troppo e dice "E' il dottore degli organi inerni... giusto?"
Così mi sono dovuta attrezzare e ho brevettato diverse spiegazioni divise per tempo a disposizione, fasce d'età e scolarità.
DA ASCENSORE - MAGGIORI DI 50 ANNI
è una specie di medico generale dell'ospedale che vede un po' di tutto
DA ASCENSORE - MINORI DI 50 ANNI
Hai presente dottor House?
Sì
Quello. Ma senza bastone e Vicodin possibilmente.
DA PIANEROTTOLO - DAL DIPLOMA IN SU
è una specializzazione che si occupa di patologie multisistemiche come l'ipertensione, il diabete o di persone con patologie diverse di più organi contemporaneamente.
DA PIANEROTTOLO - LICENZA MEDIA O INFERIORE
Tutti quelli che non sanno cos'hanno o non sanno dove mandare li portano da noi.
DA CENA (Ovvero come intrattenere i commensali su un argomento al quale non sono davvero interessati, ma cavoli loro, così la prossima volta ci pensano due volte prima di chiedere)
I primi a coniare il termine di medicina interna (Innere Medizin) furono i tedeschi a fine Ottocento per indicare i medici che curavano i pazienti con i farmaci "dall'interno" e distinguerli dai chirurghi che invece esponevano gli organi "all'esterno" per sistemarli. Altri sostengono, invece, che il termine alluda alle profonde radici di scienza sperimentale che sottendono alla conoscenza clinica. Vale a dire che l'aggettivo "interno" indicherebbe il processo di scavare alle basi di un problema clinico utilizzando strumenti e conoscenze tratti dalle scienze sperimentali, ovvero scoprire quanto sotteso a segni e sintomi grazie al metodo scientifico e non a dogmi tramandati dalla tradizione. Il termine fu poi tradotto in inglese ed esportato in America agli inizi del Novecento da Osler (quello dei noduli dell'endocardite) e da lì si diffuse.
A nessuno è mai piaciuto questo nome perchè richiede una spiegazione piuttosto complessa e genera confusione di termini tra "interno" ed "internista". Gli americani hanno provato a sostituirlo con diagnostician (dal greco dia, attraverso; gnosis, conoscenza), physician (physikos, che concerne la natura), clinician (klinikos, riguardante il letto), e consultant, ma senza successo.
Per chi fosse veramente interessato alla storia di questa non-specialità questo è un articolo molto interessante al riguardo.
Per tutti gli altri ne traduco un estratto.
"Non esiste una descrizione analitica che possa spiegare cosa significa essere un internista. Devi conoscere degli ottimi internisti per poter apprezzare questa specialità. I bravi internisti conoscono tutti gli aspetti della medicina, hanno un'abilità non comune di diagnosticare problemi medici acuti o cronici, sanno quando ignorare informazioni non pertinenti e quando richiedere esami decisivi e hanno come prima preoccupazione il paziente. Non si pongono come obiettivo primario il profitto e non sono gelosi degli altri specialisti che spesso guadagnano più di loro. Riconoscono con gioia il supporto essenziale alla buona pratica della medicina interna svolto da radiologi, patologi, altri specialisti medici e chirurghi. Studiano per una vita e spesso i pazienti e i colleghi non se ne accorgono e non apprezzano questi sforzi. Si interessano profondamente ai pazienti condividendo gioie e dolori. Comunicano efficacemente e prontamente con i pazienti e li sollevano dall'ansia. Sono parte della coscienza dell'ospedale in cui lavorano. Il loro aspetto riflette queste caratteristiche e si esprime al meglio nel rispetto ed empatia con cui si approcciano al paziente."
In fondo, con la scusa che lavorano solo in ospedale e guadagnano poco e nessuno sa di cosa si occupano, gli internisti se la sono sempre tirata un sacco.
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