domenica 20 novembre 2016

AFASIA (prima parte)


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L'afasia (dal greco ἀφασία mutismo) è la perdita della capacità di comporre o comprendere il linguaggio, dovuta a lesioni alle aree del cervello deputate alla sua elaborazione.

È causata da lesioni delle aree del cervello primariamente deputate all'elaborazione del linguaggio (area di Broca e area di Wernicke) o ad altre aree di connessione con diversi centri del cervello variamente implicati nella funzione. Queste aree sono collocate in genere nell'emisfero sinistro.
L'afasia di recettiva è un'afasia fluente in genere causata da una lesione corticale dell'area di Wernicke, della corteccia uditiva associativa e del lobulo parietale inferiore Comporta problemi sia nella comprensione del linguaggio sia nella produzione. La capacità di elaborare un discorso fluentemente è mantenuta; l'eloquio è parafasico e ricco di circonlocuzioni con neologismi. Il paziente non si rende conto che il suo linguaggio è incomprensibile e può manifestarsi collerico e paranoico. L'unica comprensione conservata è quando gli si ordinano movimenti che utilizzano la muscolatura assiale (es. alzati, chiudi gli occhi, girati) ma non capisce la domanda "come ti chiami?".



La negligenza spaziale unilaterale (NSU), nota anche come eminattenzione spaziale o sindrome neglect o eminegligenza spaziale unilaterale, è un disturbo della cognizione spaziale nel quale, a seguito di una lesione cerebrale, il paziente ha difficoltà ad esplorare lo spazio controlaterale alla lesione e non è consapevole degli stimoli presenti in quella porzione di spazio esterno o corporeo e dei relativi disordini funzionali. 
I pazienti con neglect sono quasi sempre completamente anosognosici, non hanno cioè consapevolezza del proprio deficit, e possono presentare emisomatoagnosia, cioè non riconoscono gli arti paretici come propri, e somatoparafrenia, cioè fantasie morbose riguardo ai propri arti paretici (es. gli sono stati impiantati mentre dormiva). 


Fonte: Wikipedia 

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Lampi di luce.
Voci incomprensibili.
Provo a muovermi, non ci riesco


Sonno.
Confusione.
Cerco di aprire gli occhi, accecati dal bianco.
All’improvviso compare una faccia sconosciuta alla mia sinistra, da dove è spuntata? Un attimo fa non c’era. Parla, ma in una lingua strana. E’ un faccione tondo, sembra amichevole.
Dove sono finito? E soprattutto come? L'ultima cosa che ricordo… Non ricordo più qual è l'ultima cosa che ricordo.
Sono uscito con i soliti, e poi?
Poi devo essere andato a dormire: mi è ripresa quella strana nausea e quelle vertigini che avevo già da qualche settimana. Mi sono messo a letto.
Possibile che sia tutto qui?
No, ricordo di essermi svegliato. Il frigo era vuoto, sono andato a fare la spesa. E poi?
E poi il vuoto.
E questo faccione tondo che parla una lingua incomprensibile.
Devo dirgli che non lo capisco. 



"Marco?"


Sa il mio nome.
Dove sono? Devo chiederglielo.


Cattura lo sguardo, allora non ha un’eminattenzione. Però è ancora afasico: "Marco, tira fuori la lingua!".
Non esegue ordini semplici.
V giornata di ricovero. Paziente vigile, disorientato, non collaborante. Non esegue ordini semplici. Emiplegia brachiale destra invariata, emiparesi crurale destra in riduzione. Mucose idratate; toni cardiaci validi, ritmici; compatibilmente con la scarsa collaborazione offerta murmure vescicolare presente ai campi anteriori; addome trattabile, apparentemente non dolorabile; non edemi declivi.

Non mi capiscono, chissà che lingua parlano. Chissà come fanno a sapere il mio nome: sono uscito senza documenti, forse mi hanno rapito. Forse sono in una base dell'Isis. Ma è troppo bianca per essere una grotta in Siria. E poi il tizio col faccione tondo non sembra arabo. E neanche la lingua che parlano assomiglia all’arabo.
Forse sono in una base russa. È ricominciata la guerra fredda e stanno usando cavie umane per qualche arma batteriologica. Forse rapiscono la gente che va al supermercato la domenica mattina: li stordiscono e li chiudono in una cella frigorifera. Questo spiegherebbe il bianco.
Ma non il caldo.
Fa caldo.
In Russia dovrebbe fare più freddo. E poi non sembra neanche russo la lingua che parlano.
Ma come fanno se mi hanno preso al supermercato a sapere il mio nome?
Forse sono su un'astronave aliena.
Spiegherebbe tutto questo bianco.
In ogni caso devo andarmene al più presto.
Anzi subito: mi alzo e me ne vado.
Accidenti quanto pesa questa gamba: la sinistra la muovo, ma la destra pesa. Devo essermela rotta, però non fa male, strano, è solo pesante come il piombo. Ma riuscirò a muovermi. Piuttosto mi trascino.
Ora scendo.
Una gamba, un braccio.


"Attenti che cade!"
"Fategli mezzo Talofen intramuscolo".



Ce l'ho quasi fatta, manca solo la gamba pesante. Ehi! Cos'è tutta questa gente? Da dove spuntano?
Prima c’era solo il tipo con la faccia tonda ora sono quattro.
Male.
Punge.
Sonno.

Chi sono questi? E perché ce l’hanno con me? Forse è la C.I.A., forse mi sorvegliavano da un pezzo. Forse sono una pedina strategica di un conflitto a me sconosciuto. Forse sono l’erede dello zar di Russia e Putin vuole restaurare la monarchia. Forse viviamo in un mondo virtuale come Matrix e io sono l’Eletto.
Sì, deve essere così, per questo mi addormentano in continuazione: hanno paura che con i miei poteri, di cui non ho ancora piena consapevolezza, possa distruggerli!
Devo fingermi più debole di quello che sono, se mi vedono forte mi addormenteranno di nuovo, invece devo stare buono e poi approfittare di un momento in cui la sorveglianza è minore e raccogliere le forze per scappare.


VI giornata di ricovero. Plurimi episodi di agitazione psicomotoria necessitanti di terapia psicoattiva. Paziente persistentemente disorientato, afasico. Emiplegia destra in miglioramento. Obiettività generale invariata.


Ecco mi sto risvegliando. Di nuovo Faccia-A-Luna.
E quell’altro chi è? Questo ha la barba.
Magari è l'Isis dopotutto.


“Ciao Marco! Mi sai dire il tuo nome? Come ti chiami? Marco? Marco? Guardami! Come ti chiami?”


Perché continuano a urlare il mio nome? Marco, Marco… Lo so che mi chiamo Marco!
Ma non capisco il resto.
”Non vi capisco! Sono Marco, cosa ci faccio qui?”


È ancora afasico, emette suoni incomprensibili, è impossibile stabilire se capisca o meno quello che gli diciamo e purtroppo per la radioterapia c’è bisogno di un minimo di collaborazione.

Ecco, è il momento: è buio, ma sono sveglio. La sorveglianza è più bassa. Faccia-A-Luna non c'è e Bin Laden neppure.
Un braccio, una gamba, l'altra gamba, ehi, questo cos'è? C'è un braccio attaccato alla mia spalla destra, ma non è il mio.
Allora è vero che è un laboratorio di ricerca su cavie umane. Mi hanno impiantato un braccio artificiale o trapiantato il braccio di qualcun altro, devo liberarmene al più presto.
Ma prima devo uscire da qui: manca così poco, un salto.


“Presto correte, il sette è caduto di nuovo!”
“Ma non è possibile. Prendete una barella, va portato subito in radiologia”.
“Ma no, così è troppo agitato: non riusciranno mai a fargli la tac in queste condizioni. Fategli un Talofen intramuscolo, io avviso il radiologo”.


Mi hanno preso di nuovo. Questo braccio mi rallenta e la gamba rotta è di intralcio. Deve essere una strategia studiata, o nel braccio bionico è inserito un sensore di movimento che li avverte dei miei spostamenti. Sì, deve essere così, non si spiega perché intervengano così rapidamente, altrimenti.
Devo essere un ostaggio importante se prendono tutte queste precauzioni.

Buio.

Questa volta oltre a Bin Laden c’è una donna: è giovane, ha i capelli corti e non ha il velo. Quindi non è l’Isis.
Magari lei parla la mia lingua. Magari l’hanno chiamata per negoziare. Magari è un’interprete.
“Ehi! Parli italiano? Mi chiamo Marco, puoi aiutarmi?”


“Ciao Marco! Riesci a guardarmi?”
Muove anche il braccio destro, gradualmente migliora, ma è ancora afasico.


Niente, anche lei parla questa strana lingua e non mi capisce. Mi chiedo cosa l’hanno chiamata a fare. Forse speravano che mi capisse, forse sa qualche altra lingua europea. Magari l’inglese.
“Hallo, I’m Marco, do you speak English?”
Magari a gesti mi capiscono meglio.
Ehi aspetta, perché riesco a muovere il braccio solo fino a qui?
Cos’è questa cosa?
Mi hanno legato!
Lo sapevo che avrei dovuto studiare meglio la fuga, ora li ho insospettiti e hanno aumentato la sorveglianza. Avrò qualcuno sempre addosso e dovrò liberarmi di queste manette, magari basta uno strappo.


"Aspetta Marco, che c’è? Stai fermo, ti fai male! Non puoi scendere dal letto".
Dobbiamo chiamare gli psichiatri, non possiamo continuare a sedarlo e contenerlo ogni volta che si sveglia.


È la prima volta che faccio caso al mio vicino. Forse perché oggi mi ha parlato. Parla Anche lui quella lingua strana.
Devo essere l’unico straniero. Chissà dove sono.
”Dai retta a me, amico, scappa tu che puoi, tu che hai due gambe che funzionano e non sei ancora legato! Scappa prima che ti impiantino un braccio bionico come hanno fatto con me”
“Aspetta, No! Perché urli? Così li allarmi. Ma sei proprio stupido, chi ti ha insegnato a scappare? Così verranno a prenderti, amico, stai sbagliando tutto!”
Oh no, sono io che sbaglio, vengono a prendere me! È in combutta con loro, li ha avvertiti, avrà spifferato che gli ho suggerito la fuga. Vatti a fidare dei compagni di cella.
”Puoi ringraziare che sia legato, stronzo, se no verrei a dirti di persona cosa penso di te, brutto infame, delatore, spia che non sei altro”.
Oh no, di nuovo una flebo: ho pochissima autonomia, devo strapparla via o tornerò nel buio per chissà quanto tempo. Forse con i denti riesco ad arrivare al tubo della flebo e staccarlo.


“Grazie, signor G. Il suo vicino è di nuovo un po’ agitato eh? Lo so, bisogna avere pazienza, fa il diavolo a quattro soprattutto la notte. Di giorno, finché c’è qualcuno che guarda, è tranquillo, ma la notte… Cosa vuole, la notte l’ospedale fa paura! "

Paura e solitudine
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... continua qui

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