Succede così, all'improvviso, e non sai spiegarti perchè.
Hai parlato in pubblico mille volte, a una platea di genitori, ai tuoi compagni di corso, alle assemblee, alle feste in discoteca, alla televisione, anche in diretta. Tutto sommato pensi che il peggio che ti possa capitare per l'agitazione è di usare troppo il diaframma o sbagliare qualche parola qua e là.
Hai parlato in pubblico mille volte, a una platea di genitori, ai tuoi compagni di corso, alle assemblee, alle feste in discoteca, alla televisione, anche in diretta. Tutto sommato pensi che il peggio che ti possa capitare per l'agitazione è di usare troppo il diaframma o sbagliare qualche parola qua e là.
Arriva il giorno che devi leggere un comunicato a 150 professori che si fanno i fatti loro e forse il problema è solo che non dovevi farlo tu, ma il designato è in ritardo, così ti ritrovi all'improvviso con questo foglietto in mano mentre il Preside ti chiama sul palco.
Scendi le scale e la tua frequenza standard di 90 è già a 120.
Sali sul podio, accendi il microfono, 140.
Fai in tempo a dire "Grazie" e puoi nettamente percepire il cuore che si contrae a tutta forza, pompando il suo contenuto in aorta 170 volte al minuto, senti che si spreme, senti il secco Toc della chiusura delle valvole semilunari, senti l'apice che in diastole batte contro le coste.
Leggi le prime parole dal foglio, mentre nel tuo cervello emerge la formula, letta chissà dove e chissà quando "Tachicardia Parossistica Sopra Ventricolare - TPSV". E anche senza elettrocardiogramma sai che è giusto.
"Adesso passa" - ti dici - "Mica ho il monitor, non se ne accorge nessuno". Continui a parlare, lentamente, scandendo le parole.
A metà della frase, però, il cuore ha già fatto 20 battiti, troppi per non respirare, ma non puoi fermarti.
Quando arrivi alla fine è come se fossi in apnea da 10 minuti, tiri un sospiro lunghissimo.
Adesso passa.
Invece no.
E il comunicato è lungo, mentre combatti con la tua frequenza cardiaca pensi che non vorresti leggerlo pedestremente, vorresti soffermarti a guardare uno a uno i tuoi uditori, capire chi ti ascolta e chi si fa i fatti propri, forse ti rilasserebbe.
Ma, mentre sollevi gli occhi dal foglio e riformuli le frasi, ti inciampi nelle parole e non sai quando prendere fiato e questo ti agita ancora di più.
La prima pagina è finita.
Non passerà, ormai l'hai capito, ma hai imparato a conviverci, sai fare le pause per respirare anche a metà della frase in modo che sembrino quasi espressive e non i rantoli di uno strangolato... in fondo potrebbe andare peggio.
Infatti succede.
Ti trema la voce, non hai un nodo in gola, non hai le mani sudate, eppure la voce ti esce incerta e si incrina quando meno te l'aspetti. Per fortuna mancano poche frasi, ormai senti solo nel cervello il Ta-Tun del cuore, il sibilo dei pochi respiri che riesci a fare e in lontananza l'eco al microfono di una voce spezzata che continui a sperare non sia la tua.
La prossima volta, magari, piglio un inderal.
Scendi le scale e la tua frequenza standard di 90 è già a 120.
Sali sul podio, accendi il microfono, 140.
Fai in tempo a dire "Grazie" e puoi nettamente percepire il cuore che si contrae a tutta forza, pompando il suo contenuto in aorta 170 volte al minuto, senti che si spreme, senti il secco Toc della chiusura delle valvole semilunari, senti l'apice che in diastole batte contro le coste.
Leggi le prime parole dal foglio, mentre nel tuo cervello emerge la formula, letta chissà dove e chissà quando "Tachicardia Parossistica Sopra Ventricolare - TPSV". E anche senza elettrocardiogramma sai che è giusto.
"Adesso passa" - ti dici - "Mica ho il monitor, non se ne accorge nessuno". Continui a parlare, lentamente, scandendo le parole.
A metà della frase, però, il cuore ha già fatto 20 battiti, troppi per non respirare, ma non puoi fermarti.
Quando arrivi alla fine è come se fossi in apnea da 10 minuti, tiri un sospiro lunghissimo.
Adesso passa.
Invece no.
E il comunicato è lungo, mentre combatti con la tua frequenza cardiaca pensi che non vorresti leggerlo pedestremente, vorresti soffermarti a guardare uno a uno i tuoi uditori, capire chi ti ascolta e chi si fa i fatti propri, forse ti rilasserebbe.
Ma, mentre sollevi gli occhi dal foglio e riformuli le frasi, ti inciampi nelle parole e non sai quando prendere fiato e questo ti agita ancora di più.
La prima pagina è finita.
Non passerà, ormai l'hai capito, ma hai imparato a conviverci, sai fare le pause per respirare anche a metà della frase in modo che sembrino quasi espressive e non i rantoli di uno strangolato... in fondo potrebbe andare peggio.
Infatti succede.
Ti trema la voce, non hai un nodo in gola, non hai le mani sudate, eppure la voce ti esce incerta e si incrina quando meno te l'aspetti. Per fortuna mancano poche frasi, ormai senti solo nel cervello il Ta-Tun del cuore, il sibilo dei pochi respiri che riesci a fare e in lontananza l'eco al microfono di una voce spezzata che continui a sperare non sia la tua.
La prossima volta, magari, piglio un inderal.
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